Imprevedibile

I coniugi Repetti si erano coricati, come sempre, intorno alle dieci. La signora Repetti aveva poggiato il cellulare sul comodino dopo aver rimesso la sveglia alla stessa ora di sempre, alle sei e quarantacinque. Il signor Repetti aveva dato un’ultima scorsa al giornale commentando in modo serafico che non c’era niente di nuovo, che il giorno dopo il clima sarebbe stato caldo e senza vento e adatto per portare a spasso il cagnolino.  La pioggia era poco probabile, circa l’otto per cento secondo il sito più attendibile. La signora Repetti aveva commentato che sarebbe stato opportuno uscire in tarda mattinata, quando la temperatura si alzava, perché durante il giorno il loro cucciolotto aveva dato diversi colpi di tosse.

Il signor Repetti aveva piegato accuratamente il giornale e lo aveva riposto sul piano del comodino, accanto al bicchiere d’acqua per la notte.

Poi si era infilato i tappi dentro le orecchie.  Il telefonino, in modalità vibrazione, li avrebbe svegliati in modo discreto, propagandosi al piano di legno con un tremito delicato.

La signora Repetti aveva mormorato Buonanotte, caro, aveva preso i tappi che il marito gli porgevae, si era voltata su un fianco, la migliore posizione per addormentarsi, senza dimenticare di bendarsi gli occhi con la mascherina notturna.

Anche il signor Repetti aveva tirato su leggermente il piumone fino alle spalle, e poi si era appoggiato sul cuscino, nell’ incavo apposito per attenuare i fastidi della cervicale.

Nella penombra appena rischiarata dalla luce pallida del lumino da notte, le sagome dei coniugi Repetti sembravano due statue di sale.

I signori Repetti si svegliarono alla stessa ora di ogni giorno. La signora Repetti  tolse la mascherina dagli occhi e la ripose nell’apposito contenitore. Controllò nello specchio gli effetti della crema antirughe. Scese dunque per preparare la colazione.

Il signor Repetti si diresse in bagno per sciacquarsi la faccia, indossò la vestaglia a quadri e scese anche lui da basso. La signora Repetti tolse la caffettiera dalla mensola e la riempì di caffè facendo bene attenzione a non comprimere la polvere, in modo da formare una leggera montagnola al centro. Prese le tazze, la scatola dei corn-flakes e la zuccheriera. Apparecchiò la tavola con una tovaglietta a pois e pose al centro del tavolo un vasetto di violetta africana, ma constatò con meraviglia  che tutti i fiori erano  caduti a terra dai gambi rinsecchiti.

Strano… Dette un’occhiata al cagnolino, acciambellato dentro la morbida cuccia di peluche, che ronfava placidamente. Che avesse voluto farle un dispetto?  Che caro, voleva tutte le attenzioni per sé. Pazienza. Avrebbe comprato una piantina nuova alla fiera, in paese, il venerdì successivo.

Il signor Repetti andò ad aprire la porta di casa per ritirare il giornale.

L’ allarme non era attivato. Il signor Repetti aggrottò le sopracciglia, si ricordava benissimo di averlo inserito, avrebbe chiamato l’assistenza la sera stessa e avrebbe sporto le sue lamentele.  Prese la chiave scuotendo la testa e la girò dentro la serratura tre volte.

 La porta si spalancò e una ventata calda investì l’uomo, la tovaglia a minuscoli fiori, la cuccia di Freddy, che guaì debolmente.

L’ uomo si stropicciò gli occhi.

L’albero di lillà, carico di fiori rosa che pendevano dai rami graziosamente inarcati fino a terra, era completamente spoglio.

Il cielo della mattina era velato da una patina densa che offuscava i contorni.

Il sole sembrava affogato dentro la caligine che avanzava, bassa, all’orizzonte, dove i tratti delle colline erano spariti, cancellati dalla nebbia rossastra che ingombrava il cielo dalla parte della città.

Fece qualche passo, barcollando come ubriaco.

Chiamò la moglie, che restò impietrita, riuscendo ad emettere solo un oooh… Sbalordito. Poi si attaccò al suo braccio.

Un uragano, un’esplosione, che cosa

 Accesero la tv. Lo schermo non rimandava alcuna immagine né alcun suono. Il signor Repetti afferrò allora il telefonino, che non dette segni di vita. Si guardarono, gli occhi spalancati dal terrore.

I signori Repetti erano abituati a gestire la loro vita facendo a meno quasi completamente dei contatti esterni. Odiavano il rumore e il traffico, e per questo avevano scelto una casa isolata, a pochi chilometri dal centro abitato. Non avevano figli né amici, erano autosufficienti e bastanti a se stessi.

La signora Repetti dette un’occhiata alla violetta africana, poi al lillà che ciondolava tristemente nel vento, alla nuvola gialla che avanzava dall’ orizzonte.

Un pensiero attraversò loro il cervello nello stesso preciso istante.

Il signor Repetti scese in garage, tolse la custodia di nylon che proteggeva il suo pick up e mise in moto.

Guidò per i pochi chilometri che lo separavano dal centro abitato senza incontrare nessuno.

Sul bordo della strada la carcassa nera di un cane giaceva inerte, come un cencio sporco buttato via.

I signori Repetti stavano zitti, l’uomo guidava guardingo mentre la donna emetteva solo dei piccoli gemiti, come il pianto soffocato di una bambina.

Un gruppo di persone stava immobile sotto la tettoia di un palazzo, alle porte della cittadina, i corpi vicini come per darsi coraggio.  Sembravano aspettare qualcosa, o qualcuno. L’ uomo scese di macchina e fece qualche passo verso di loro.

Un vecchio corse loro incontro gridando Andate via, via, andate via… fino a che siete in tempo…

Il signor Repetti  non aveva bisogno di ulteriori conferme.

Fece retromarcia e la macchina corse via sgommando, lasciando dietro di sé una scia di polvere grigia.

La signora Repetti piagnucolava, mentre il signor Repetti correva come un pazzo dentro la campagna rinsecchita.

In mezzo alla nebbia che si faceva sempre più fitta due uomini in divisa intimarono loro di fermarsi.

Abbiamo ordini precisi, non si va oltre il varco.

Uno dei due uomini imbracciava un kalashnikov, e dal suo sguardo vitreo l’uomo capì che avrebbe sparato se non avesse ubbidito.

Il signor Repetti non aveva mai disubbidito a un ordine in vita sua, era stato educato in un’accademia militare e non aveva mai messo in discussione un ordine, né mai pensato di farlo. L’ assetto del suo cervello andò in frantumi.

Innestò la retromarcia,  poi spinse forte il piede sull’acceleratore e si buttò contro la barriera metallica, sfondandola.

Alcuni colpi di mitragliera sfiorarono la macchina, un proiettile si conficcò nel vetro aprendovi delle crepe come una ragnatela.

La signora Repetti gemeva, piano, raggomitolata in fondo al sedile, mentre il marito attraversava la campagna deserta al massimo della velocità.

Altre carcasse di animali giacevano ai bordi della strada,  una coperta pesante di nuvole che si faceva sempre più calda oscurava il cielo. Cominciarono a sudare, le labbra si crepavano per la sete. L’ uomo prese la bottiglietta di acqua che teneva sotto al sedile e bevve avidamente, poi la porse alla moglie che si lasciava andare a un pianto infantile, cullandosi sulle ginocchia.

Avanzava senza vedere altro che le luci dei catarifrangenti.

Deve esserci una pompa di benzina, disse a se stesso, ma era difficile capire dove si trovavano, senza il navigatore. Tutto era avvolto dalla caligine mortifera che strozzava il respiro e immobilizzava i pensieri. Si fermarono, come due spettri neri in mezzo al nulla. Là in fondo il tetto di una costruzione bassa, sembrava proprio una stazione di servizio.

L’ uomo afferrò la pompa, tolse il tappo del serbatoio, un breve gorgoglio e nient’ altro.

Imprecando l’uomo si rimise al volante.

Il signor Repetti non aveva mai detto una parola storta in tutta la sua vita, non aveva mai bevuto né fatto uso di droghe né tantomeno bestemmiato. Aveva messo ordine nella vita sua e in quella della consorte, con la massima attenzione ad ogni minimo dettaglio. Con maniacale cura, con amore e rispetto. Fermò la macchina e si prese la testa fra le mani. La moglie gli carezzò il capo e mormorò Andiamo al mare, fa così caldo.

L’ uomo rimise in moto, seguendo le luci pallide dei catarifrangenti. Si ricordava che ad un certo punto la strada finiva, e là sotto si apriva il mare, finalmente, una distesa placida e fresca in cui immergersi e nuotare fino a trovare uno scoglio. Un appiglio.

Recuperò la calma.

Ci siamo, cara, deve essere qui, mi ricordo bene, sta tranquilla…

Un tonfo. La macchina barcollò qualche secondo, come un gabbiano ferito, poi si inabissò nelle onde fresche dell’oceano gorgogliando.

Il pick-up dei signori Repetti fu ripescato il giorno dopo. Il medico legale constatò la morte dei due coniugi per annegamento.  Fu aperta un’ inchiesta, i due erano poco conosciuti e nessuno portò testimonianze rilevanti. Il regista dichiarò che i cittadini erano stati informati per tempo, anzi che quasi tutti erano stati ingaggiati come comparse, spiegò che una macchina munita di altoparlante aveva attraversato la zona.  Questo intorno alle dieci della sera prima.

Il regista dichiarò anche che un pick-up aveva cercato di attraversare la scena del film e che non si era fermato, nonostante due attori avessero loro intimato l’alt.

Che i colpi di mitragliera sparati a salve contro la macchina dei coniugi Repetti erano previsti dal copione. Forse questo sì, ammise, era stato un errore degli attori, tratti in inganno dalla straordinaria somiglianza con la scena prevista.

Non disse, il regista, di aver continuato a girare nonostante fosse chiaro l’equivoco.

Nel frattempo il blackout elettrico era stato risolto. La nube gialla dissolta in poche ore.

Il regista spiegò che un’improvvisa perturbazione  aveva trasportato la nuvola oltre la scena del film, ma si trattava di gas del tutto innocui.

Per una strana concomitanza di eventi realtà e fantasia si erano sommati con effetti straordinariamente efficaci. Il caso venne archiviato e dopo il clamore iniziale nessuno ne parlò più.

La casa dei coniugi Repetti fu messa all’ asta. Pare che l’ acquirente fosse proprio il regista.

Il film registrò incassi al di sopra delle previsioni.

Manola Frediani, autrice di Attraverso le nuvole (Libertà Edizioni 2021)
Libertà Edizioni Italia https://musicaelibri.net/liberta-edizioni-italia.html

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